LE TRAPPOLE: smetto quando voglio, questa è l’ultima volta, ce la posso fare da solo.
Queste sono solo alcune delle trappole della dipendenza. Se continuiamo a ricascarci, però, non ne verremo fuori. E non è solo il paziente che non deve andare dietro a queste illusioni, ma anche il terapeuta non deve credere di poterle usare.
Dalla dipendenza si esce, ma non da soli!
“Smetto quando voglio”. Questa è quella frase che, potrei dire con estrema sicurezza, tutti i miei pazienti si sono detti nell’esatto momento in cui si sono resi conto che una qualche forma di dipendenza stava ormai prendendo il sopravvento. E’ come se ci fosse una vocina, ad un certo punto, che dice: “lo stai facendo di nuovo? Non è un po' troppo?”, ma al contempo il desiderio di non porre ancora fine a quel qualcosa che da piacere mette a tacere ogni forma di dubbio e viene spontanea l’autogiustificazione del “ma sì dai, tanto smetto quando voglio”. Ecco. E’ uno dei tanti autoinganni che portano dritti dritti sulla via della dipendenza patologica.
Pensiamo ai disturbi dell’alimentazione. Sì, anche questi centrano con la dipendenza, quella dal cibo, quella che forse un po' tutti abbiamo sfiorato, una volta, nel corso della nostra vita. Pensiamo ad una ragazza che scopre di poter mangiare tutto ciò che vuole, senza freni e senza inibizioni perché ha scoperto che se poi si chiude in bagno a vomitare quei jeans strettissimi che tanto ama continueranno ad entrarle comunque. Non è piacevole vomitare, non fa stare bene, è un controsenso per il corpo. Quella stessa ragazza lo sa e ogni volta le vengono le lacrime agli occhi. Ma nonostante tutto, è più forte la soddisfazione di aver agito un controllo su se stessa, sul suo corpo, sul cibo e su chissà quante altre cose. E così, ogni volta che si sta chiudendo in bagno, penserà: “ancora questa volta, tanto smetto di vomitare quando voglio…”.
Pensiamo a chi prova la cocaina. Ad un uomo in carriera, molto stressato dal suo lavoro, ma convinto di essere felice e soddisfatto. Un uomo che scopre la cocaina ad una festa e che ripete la stessa situazione ogni venerdì sera, tanto per festeggiare i suoi risultati settimanali. I postumi dell’uso arrivano, la domenica è distrutto e di cattivo umore. Smette di stare con la sua famiglia perché deve riprendersi. E’ nervoso, è stanco, è distratto. Ogni lunedì si ripromette di fare un weekend diverso in quella settimana, ma poi, arriva il venerdì sera e quel “ma sì dai, tanto smetto quando voglio” vince su ogni freno inibitore. E intanto, però, sono passati i mesi, gli anni, e quell’aver smesso non è mai arrivato.
“Questa è davvero l’ultima volta”. Ecco l’altra frase che si accompagna allo “smetto quando voglio”. E mentre lo si pensa, o lo si dice, se ne è veramente convinti. E ci si prepara alla ripetizione di quel sempre uguale comportamento come se fosse veramente l’ultima volta che lo si attua. E’ come quel giocatore che estrae il gettone dalla tasca e lo infila nella slot machine dicendosi “basta, questa è l’ultima volta che metto i soldi qui dentro”. Ma poi, se per caso vince, le sue fantomatiche teorie delle probabilità verranno rinforzate, e quella giocata non sarà la fine di nulla. Non è diverso se quel gettone è perdente: “con la prossima posso recuperare” e così via, trasformando quell’ultima volta in una delle solite tante volte.
“Ce la posso fare da solo”. cQuesta è forse la regina di tutte le frasi che ho sentito dire ai miei pazienti.
Chi viene in terapia perché spinto da qualche famigliare, amico o conoscente, pochi istanti dopo essersi accomodato sulla poltrona del mio studio esordisce con “sono qui perché me lo hanno consigliato, la ascolto, ma sono convinto di potercela fare da solo”. Quasi sempre io rispondo con “sono convinta anche io che ce la potrà fare, ma non da solo!”.
Ripercorrendo insieme al paziente la sua storia di dipendenza, infatti, emerge quasi sempre che innumerevoli sono stati i tentativi di uscirne senza parlarne mai con qualcuno o chiedere un aiuto, ma se è seduto davanti a me è perché probabilmente nessuno di questi tentativi ha avuto successo.
Innanzitutto bisogna tenere presente che “il fai da te” può anche essere pericoloso. Nel caso in cui ci sia un’assuefazione da sostanze stupefacenti, da alcool o da farmaci è doveroso rivolgersi ad uno specialista, perché le conseguenze sulla salute possono essere molto gravi e un’astinenza può rivelarsi molto rischiosa per la vita della persona. Ma anche qualora non fosse prevista una reazione del corpo alla disintossicazione, non sono da sottovalutare gli sbalzi d’umore e i cambiamenti di stato d’animo, che possono essere così repentini e incongruenti da spiazzare sia chi li sta vivendo che chi gli è vicino.
I meccanismi della dipendenza sono davvero molto ingannevoli, persino le nostre menti spesso ci tradiscono, soprattutto quando la guerra da combattere è contro un nemico che ci fa male ma al contempo ci da piacere.
Posso quindi dire che è sicuramente un buon inizio, in una terapia per le dipendenze, quando qualcuno che ha varcato la soglia del mio studio dice: “è difficile per me essere qui, ma purtroppo ho capito che da solo non ce la posso fare”. Questa è sicuramente la base per una buona alleanza terapeutica. E in squadra i Game si vincono meglio…
Puoi Ascoltarlo anche in podcast

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- Ep. #6 LA DIPENDENZA AFFETTIVA: AMMALARSI DI UN TORMENTO.
- Ep. #5 IL CRAVING: VINCE LUI O VINCI TU?
- Ep. #4 TANTO IO LO CONTROLLO: l’illusione di gestire il comportamento dipendente.
- Ep. #3 COSA NON FARE: se vuoi davvero uscire dalla dipendenza.
- Ep. #2 LE TRAPPOLE: smetto quando voglio, questa è l’ultima volta, ce la posso fare da solo.
- Ep. #1 CURARE LA DIPENDENZA: una premessa ed una promessa.